Un luogo di incontro, per ospitare le parole silenziose e dare corpo alle immagini e alle emozioni che abitano le zone fertili e aride della Psiche; una finestra sul mondo, un invito al dialogo, al confronto, una dialettica tra inconscio e coscienza, per prendersi cura della propria Anima e dell’Anima Mundi.

Fermiamoci. Sospendiamo il giudizio, mettiamo in silenzio la parola e muoviamo lo sguardo, sporgiamoci in avanti, entriamo nel giardino dell’Anima mundi e seduti aspettiamo il riavvolgere  del tempo, il tramonto della luce per addentrarci nella penombra, in quell’imbrunire dove la riflessione accompagna la danza dell’Anima e l’emozioni accarezzano dolcemente la nascita delle immagini. Le emozioni, il fuoco della vita, spesso agitano le menti e i corpi, nutrono e alimentano le immagini, fino a volte come in alcune gravi forme di psicopatologie, inflazionano la terra dell’Io, creando crepe e fratture riempite da un dolore silente. La riflessione allora occupa uno spazio in cui i demoni emozionali, si riposano e i Titani usciti dal Tartaro, si addormentano nelle braccia di Morfeo. E’ in questo vuoto , in questo campo lasciato aperto dalla dinamis emozionale, che l’istinto riflessivo si muove, rivolgendosi su se stesso e permettendo alla coscienza di porre distanza, di sintonizzarsi col tempo dell’inconscio e della natura e di guardare. La riflessione allora si colloca in quello spazio intermedio tra l’emozione e la nascita delle immagini, ai confini con la dimensione della reverie, seguendo le traccia del dio Hermes, toccando gli opposti e unendo il basso con l’alto, la terra col cielo …. I paradossi della Psiche e dell’esistenza umana.

La riflessione in tale ottica affonda i piedi nella natura, nel corpo emozionale della vita, cosi’ come accadde ad Afrodite che lungo la corsa verso l’amato si punse con la spina delle rose bianche,  facendo nascere le rose rosse, simbolo della trasformazione dell’albedo in rubedo, del passaggio da una forma di consapevolezza ad un’altra, differente e più ampia. Le immagini nascenti acquistano un senso e un significato; non sono imitazioni e fotocopie del reale, ma veri atti creativi che nascono dalla profondità dell’inconscio personale e collettivo, dai ricordi antichi, personali e dal piccolo popolo che alberga nei miti, nelle leggende, nelle storie e nelle trame dei racconti orali.

La coscienza immaginale che nasce dalla riflessione sull’esperienza, avverte i paradossi e l’humus della terra, della vita con la molteplicità delle sue contraddizioni e complessità, eppure si interroga, pone dubbi, allarga le feritoie di un castello fiabesco per penetrare negli enigmi e nel mistero dell’ignoto, in ciò che appare così assurdo ed incomprensibile.

Le immagini, come i sogni, invitano lo spettatore a stare piantato bene con i piedi per terra e come in un quadro di Chagall, ad innalzare l’altra parte di sé verso l’alto, l’ebbrezza dello spirito per vedere da un altro punto di vista, allargando l’orizzonte prospettico…. il presente ed il futuro. L’attività immaginativa, non risulta speculazione metafisica, ne’ tanto meno un allontanamento  dal reale, oppure una sorta di compiacimento estetico, ma ha una sua struttura epistemologica , autonoma, specifica e terapeutica. Le immagini testimoniano la presenza in ognuno di noi e nel mondo di una fons inesauribile, vero e proprio cibo della Psiche accanto alle emozioni, alle idee e alle azioni. Eppure le immagini vengono, disperse, disseminate nella frenesia quotidiana e bombardati dalle illusioni, siamo costretti a scindere la riflessione dalle immagini, vivendo di fantasticherie e di illusioni. E quando non riflettiamo più seduti ai crocicchi delle strade, sulle sedie di un salotto o in una pubblica piazza, allora non comprendiamo e cerchiamo compulsivamente di spiegare e capire tentando di penetrare solo con la mente in ciò che è incomprensibile ed assurdo … abbiamo lasciato la comprensione del cuore nelle ragnatele di una casa abbandonata.

Le emozioni in tale contesto, diventono atti impulsivi e compulsivi, fuoco che distrugge e non riscalda, lava che desertifica la terra e che dilata  il tempo della costruzione. L’istinto riflessivo allontanandosi  dalle emozioni, non colora e non da spessore immaginale agli eventi che restano tali, puri e semplici accadimenti reali, non trasformandosi in esperienze, ciò di cui la Psiche necessita. E’ la riflessione  che trasforma l’evento fenomenico in esperienza psichica, aprendo la mente verso i sentieri del simbolico, vero e proprio coagulo a cui attingere per la formazione di una coscienza etica e trasformativa. La fertilità dell’istinto riflessivo è proprio quella di far intravedere alla coscienza la dimensione politeistica della Psiche, la complessità dei suoi volti e che in fondo tutto ciò richiama ad una funzione teleologica, religiosa della Psiche stessa: non perché, ma a cosa serve tutto ciò?

In questo senso l’istinto riflessivo permette di far rivivere l’etica delle immagini, invita l’Io ad essere tollerante, ad accettare la diversità e l’ospite straniero, educa la coscienza all’attesa e allo dispiegamento dell’evento. In tal  senso in questo periodo storico così tormentato da parole vuote, da una comunicazione che ci riporta alla torre di babele, da emozioni che diventano puri e semplici atti impulsivi privi della progettualità che caratterizza ogni desiderio, e le immagini non educano più all’iniziazione, ai misteri e alla complessità della vita, ma come quadri estetici abbelliscono le pareti delle nostre stanze, mentre le mura della nostra Anima risaltano vuote, annerite dall’angoscia del futuro, di una incertezza esistenziale o da un egoismo del possesso dimenticandoci che in fondo siamo servitori di un progetto e di valori più profondi e ampi, che hanno a che fare con l’imago dei.

Entriamo allora nel giardino, non abbandoniamo la ragione, ma facciamola accomodare e invitiamola, come si fa con un caro amico, a vedere oltre ed in trasparenza, tingendo di tinte emozionali l’incontro con la consapevolezza che la vita è un grande teatro dove ognuno ha una parte e come in un’ orchestra  l’armonia sonora dipende dall’equilibrio e dal rispetto reciproco tra le varie parti.

Forse allora le immagini, che partono dalla materia e dal corpo, senza tradire, rinnegare o reprimere le proprie radici, attraverso la chiave della riflessione, possono porsi come possibilità di pensare creativamente e comprendere che piuttosto emettere lamenti è il tempo di applicare rimedi.

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