“Colui che ha compreso la tenebra che è in lui è prossimo alla luce” (Jung).
Queste parole possono rappresentare dei molteplici sentieri lungo i quali incamminarsi per leggere il Libro Rosso, definito in un articolo sul New York Times ”Il Santo Graal dell’Inconscio”.
Davanti ad un’opera di tale spessore e ricchezza si resta meravigliati, affascinati ed inquietati poiché il crocevia della Psiche umana si apre, collegando lo Spirito del Tempo con lo Spirito del Profondo e la coscienza umana è chiamata al responsabile e arduo compito di confrontarsi col tema dell’ ignoto e dell’incertezza.
Un lavoro lungo e arduo che ha portato Jung ad un amore per la conoscenza, per il mondo delle immagini e dei simboli, veri nutrimenti e utensili che l’uomo ha a disposizione per districarsi nell’assurdo e arrivare al Senso, attraverso il non Senso. Il rapporto con l’Ombra, con il Male, che si annida in ognuno di noi, allora diventa possibilità esistenziale, occasione di rinnovamento e di trasformazione lungo la costruzione di una progettualità che fa dell’etica, una etica del viandante, una stella per orientarci di fronte al caos in cui siamo immersi.
Se con Nietzsche “solo dal caos può nascere una stella danzante”, il lavoro di Jung, nel Libro Rosso, così magistralmente evidenziato nel volume di Bernardo Nante, pone ogni uomo di fronte al tema degli opposti e della ricerca per la conoscenza, non solo della Psiche individuale ma anche collettiva, gettando un fascio di luce sul tema del numinoso e della dimensione archetipica. Un libro, che affonda le radici, come tutte le grandi  Opere, nell’esperienza umana del dolore della sofferenza, del continuo confronto con la Nigredo, con la perdita della bussola e con un bagno di rinnovamento nel valore dell’umiltà e della lealtà verso i meandri della propria interiorità.
Da questo confronto, da questo humus di affinamento della “pietra grezza”, è possibile allora guardare all’Anima mundi ed essere uomini costruttori nel mondo all’insegna della trasformazione nella storia e nel sociale. E allora se con Jung, “nessun albero può crescere in Paradiso a meno che le sue radici  non raggiungono l’inferno”, potremmo metaforicamente immaginare che la ricchezza del pensiero simbolico, della conoscenza per il mondo del mito e della Tradizione, faccia dell’immaginazione la vera attività creatrice dello Spirito. Tutto ciò diventa possibilità, partendo dagli opposti, per guardare alla totalità e tendere verso una progettualità futura che mette la coscienza nel dialogo dialettico con l’inconscio per aprire al nuovo, a ciò che deve ancora venire.